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  • sechi648

Perché OGGI un referendum sulla legge elettorale


L'attuale legge elettorale, nota con il nomignolo Rosatellum, dal nome del suo ideatore, Ettore Rosato, è stata approvata nel 2017.

Il Parlamento che approvò il Rosatellum, con ben 8 voti di fiducia, fu l’ultimo dei tre parlamenti eletti con il cosiddetto Porcellum, che la Corte Costituzionale ha giudicato incostituzionale in più punti.

Sin dal 2017 iniziarono i tentativi di ottenere un giudizio d’incostituzionalità sulla nuova legge elettorale.

Constatata l’inerzia del Parlamento precedente e l’immobilismo dell’attuale Parlamento, non  resta  altro  da  fare  che  imboccare  la  strada del referendum abrogativo.

Referendum che deve essere avviato adesso per evitare che si torni a votare col Rosatellum.

Il referendum è necessario per affermare il diritto degli elettori di scegliere i propri rappresentanti; diritto già confermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 1 del 2014, relativa al Porcellum, ma disatteso dal Parlamento che ha approvato il Rosatellum riproducendo, con altre modalità, la stessa caratteristica incostituzionale del Porcellum, vale a dire un Parlamento in cui agli eletti  manca  il  sostegno  diretto  degli  elettori  perché  i  partiti  si sono sostituiti agli elettori nella scelta dei candidati.

Se non riaffermiamo questo diritto, rischiamo che, nel caso di approvazione definitiva della riforma costituzionale per l’elezione diretta del “Capo del Governo”, arrivi una nuova legge elettorale che trasformi del tutto i parlamentari in “collaboratori” del capo partito, assoggettando completamente  il Parlamento alla volontà dell’Esecutivo. Nel caso di bocciatura della riforma costituzionale rischiamo, invece, di tornare a votare col Rosatellum, magari trasformato dalla maggioranza in senso più maggioritario.

Perché il ROSATELLUM non rispetta la volontà degli elettori

Per comprendere perché la legge elettorale vigente non rispetta la volontà degli elettori, occorre comprendere come funziona.

Il Rosatellum, rivisitato con legge n. 51/2019 per adattarlo alla proposta   riduzione del numero dei Parlamentari, consiste in una legge elettorale mista in cui 3/8 dei seggi sono assegnati in collegi uninominali con metodo maggioritario e 5/8 dei seggi sono assegnati con metodo proporzionale tra le liste di candidati ammesse alla ripartizione dei seggi.

Collegio uninominale maggioritario significa che ogni lista o coalizione di liste propone agli elettori in ogni collegio uninominale un solo candidato e dovrebbe aggiudicarsi il seggio il candidato più votato, ma il Rosatellum stravolge il concetto di “collegio uninominale” e così il candidato uninominale è  eletto con i voti dati alle liste plurinominali  collegate.

Pertanto, è la competizione tra liste plurinominali nei collegi proporzionali che determina l’elezione del candidato uninominale.

Le liste plurinominali consistono in brevi elenchi di candidati presentati da una formazione politica. Queste liste sono bloccate: l’elettore non può scegliere il candidato che preferisce all’interno di ciascuna lista e in più il voto potrebbe contribuire a eleggere un candidato di altro collegio. Infatti, alla lista di partito saranno assegnati i seggi spettanti in base ai migliori risultati ottenuti tra tutti i collegi a livello nazionale. Quindi, il voto dato a Brescia può concorrere a eleggere un candidato del collegio di Bari.

Queste liste plurinominali sono sempre collegate a un candidato uninominale, quindi chi vota una lista, vota anche il candidato uninominale, cosicché in Parlamento abbiamo deputati e senatori che non hanno preso alcun voto diretto o che hanno raccolto meno voti rispetto a chi non è risultato eletto.

Se l’elettore vota solo un candidato uninominale, questo voto viene ripartito tra le liste che sostengono quel candidato in proporzione ai voti che gli altri elettori hanno dato a queste liste. In sostanza, a definire l’esito del voto di un elettore è in questo caso la scelta effettuata da altri elettori.

In sintesi, l’elettore che vota un partito

-      non ha la possibilità di esprimere una preferenza tra i candidati,

-     non può differenziare il proprio voto tra lista proporzionale e candidato uninominale,

-     non sa chi concorre a eleggere

e, per ulteriore beffa, con un meccanismo automatico il voto sarà trasferito al candidato  uninominale collegato, che potrebbe non essere gradito all’elettore.

Se l’elettore vota solo un candidato uninominale,

-      il suo voto sarà trasferito sulla lista o sulle liste collegate, che potrebbero avere candidati non graditi all’elettore

-   il suo voto con un meccanismo matematico sarà ripartito tra le liste  di partito collegate, sulla base delle preferenze  espresse  dagli  altri  elettori. Liste che l’elettore ha deliberatamente scelto di non votare. Saranno, quindi altri elettori a decidere la destinazione del voto espresso da altro elettore.

Così, il voto non è uguale, non è libero, non è diretto e non è personale.

Votare diventa come giocare a una slot machine taroccata per non far mai vincere il giocatore.

Questo sistema rispetta solo la volontà dell’elettore che non vota.

La legge elettorale è finalizzata a violare sistematicamente la volontà espressa dall’elettore, al fine di predeterminare l’elezione dei candidati prescelti dai capi partito, escludendo il popolo sovrano che concorre parzialmente solo a determinare la consistenza degli eletti di un partito.

Inoltre, il legislatore ha introdotto delle perfide soglie legali per concorrere alla ripartizione dei seggi.

Concorrono alla ripartizione dei seggi solo le liste   che superano a livello nazionale il 3%, o il 10% per le  coalizioni  a condizione che almeno una delle liste coalizzate abbia superato il 3%. Le liste che prendono meno dell’1% non concorrono al superamento della soglia di coalizione. Però, se una lista coalizzata prende più dell’1% ma meno del 3% allora i voti presi da questa lista sono ripartiti tra le altre liste della coalizione.

Un esempio aiuterà a capire le perversioni del legislatore.

Immaginate una coalizione che chiamiamo Z; Z è composta da A, B, C, e D.  A prende il 10%; B prende il 2%; C prende il 2,5%; D prende lo 0,9%.

La coalizione Z quindi totalizza il 14,5% perché D avendo preso meno dell’1%   non partecipa a determinare la quota di coalizione.

Però i seggi vanno solo ad A perché è l’unica lista ad aver superato il 3%. Quindi, A avrà il 14,5% dei seggi pur avendo preso solo il 10% con il  risultato che ben 4,5% dei votanti si vede il proprio voto riversato su una lista   che non ha votato.

Sebbene la legge pretenda che ogni formazione politica presenti un proprio programma e capo politico, l’elettore non sa mai che fine fa il suo voto e cosa effettivamente stia votando. Certamente non il candidato e sovente neanche un programma.

Un candidato, inoltre, può presentarsi in un solo collegio uninominale ma anche in 5 collegi plurinominali, con la conseguenza che potrà risultare eletto in più collegi, al punto che la legge prevede anche il caso che si esauriscano tutti i candidati in un collegio e si debba ricorrere a candidati di altri collegi per assegnare il seggio e così i voti di un collegio vanno a finire in altro collegio senza che i votanti conoscano il beneficiario dei loro voti.

In definitiva,

-   chi vota solo un candidato uninominale, vota anche le liste a esso collegate;

-   chi vota solo una lista proporzionale, vota anche il candidato uninominale;

-   chi vota il candidato uninominale e una lista plurinominale collegata, sa solo che concorre a eleggere il candidato uninominale, ma non sa chi concorre a eleggere nella quota proporzionale.

 

Quali obiettivi raggiungiamo col Referendum abrogativo sulla Legge elettorale per la Camera e per il Senato

Il referendum abrogativo può solo cancellare una legge o parti di essa, senza aggiungere alcunché. La legge elettorale non può essere abrogata del tutto perché essendo una legge necessaria per la formazione di organi costituzionali deve sempre esserci una legge elettorale applicabile.

Il referendum, dunque, eliminando delle parti, deve portare a una legge residuale perfettamente applicabile. Questi paletti, ovviamente, pongono dei limiti all’azione referendaria, però col referendum riusciamo a ripulire la legge dai maggiori vizi di incostituzionalità.

 

La proposta di referendum interviene sul testo vigente per

-         abrogare le norme che prevedono il cosiddetto “voto congiunto obbligatorio”, vale a dire il trasferimento del voto dato a una lista plurinominale al collegato candidato uninominale e viceversa.

-         Abrogare il meccanismo della “ripartizione del voto” in base al quale il voto dato esclusivamente al candidato uninominale è ripartito tra le liste collegate in proporzione alle scelte operate dagli altri elettori nel caso di coalizioni ovvero attribuito alla lista collegata.

 

Queste due modifiche comportano che

-         il voto dato a una lista sarà conteggiato solo ai fini dei seggi  spettanti alla lista

-         i candidati uninominali saranno eletti solo sulla base dei voti     diretti da 

essi raccolti.

 

La proposta di referendum, inoltre,

-         abroga le soglie di sbarramento per concorrere alla ripartizione dei seggi;

-         abroga la possibilità di candidarsi in 5 collegi plurinominali;

-         abroga l’esonero dalla raccolta delle firme per le formazioni già presenti in Parlamento, ponendo così tutte le forze politiche allo stesso livello.

 

TERMINI perentori

La raccolta delle firme per richiedere il referendum deve concludersi entro settembre 2024 perché venga svolto nella primavera 2025, come previsto dalla legge n. 352/1970.

 

Altre informazioni:

Il Comitato Referendario per la Rappresentanza si è formalmente costituito il 17.04.2024

Il 23.04.2024 sono stati consegnati in corte di Cassazione 4 quesiti, pubblicati il giorno dopo su GU.

 

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