I quesiti referendari sono quattro e intervengono sugli aspetti più critici della normativa in vigore:
abolizione del voto congiunto obbligatorio per restituire la libertà di scelta tra candidato uninominale e lista proporzionale; questo consente di eleggere direttamente i candidati nei collegi uninominali che quindi non sarebbero imposti dalle segreterie di partito; oggi, infatti, il candidato uninominale è eletto grazie ai voti dati alle liste collegate. Inoltre si abolisce la ripartizione sulle liste plurinominali del voto dato al solo candidato uninominale e viceversa; in concreto, oggi l'elettore che non apprezza il candidato uninominale collegato al partito preferito può solo cambiare partito per non votare quel candidato sgradito. Oggi, il voto non è libero, non è diretto e non è uguale
abolizione delle soglie di sbarramento per ridurre la notevole dispersione di voti e garantire maggiore pluralismo; alle ultime elezioni, circa 4 milioni di voti validi non hanno partecipato alla ripartizione dei seggi. Ciò consente di evitare la formazione di coalizioni forzate per il solo timore di non farcela da soli a superare il 3%. Fenomeno che contribuisce ad annacquare l’identità e la proposta politica di ciascun partito.
abolizione di ogni privilegio nella raccolta delle firme per la presentazione dei candidati, affinché tutte le liste siano alla partenza in condizione di parità nella competizione elettorale; l'ingiusto privilegio concesso sinora ai partiti già presenti in Parlamento mette in condizioni di svantaggio chi vorrebbe entrare in Parlamento perché queste formazioni hanno meno tempo per scegliere i candidati dovendo poi raccogliere le firme a sostegno delle candidature
abolizione delle pluricandidature per ridurre il potere degli apparati di partito nel predeterminare la composizione del Parlamento e avere preferibilmente candidati che si presentano nel proprio collegio naturale.
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